Natura morta – la bellezza della decadenza

Alla voce “natura morta” l’enciclopedia Treccani recita:

Natura morta Nell’arte figurativa, dipinti che hanno come soggetto fiori, frutta, pesci, cacciagione, o vari oggetti d’uso.”

La parola natura morta di per sè è un ossimoro, contenendo due parole di significato diametralmente opposto.
La parola “Natura” che rappresenta lo spirito, l’energia, l’essenza del creato, la forza vitale del nostro pianeta e dell’universo intero, e la parola “morte” che rappresenta al contrario la fine della vita in ogni sua forma.

L’ORIGINE DELLA NATURA MORTA

La rappresentazione di nature morte nell’arte ha radici antiche ma trova massima espressione tra il 1600 e il 1700, periodo in cui si innalza a genere indipendente.
I pittori che si dedicavano alla rappresentazione di oggetti inanimati usavano ogni espediente per dare l’impressione che i propri dipinti fossero pieni di vita, donando tridimenzionalità e carattere agli elementi raffigurati, esaltandone le forme tramite l’uso della luce (vedasi Caravaggio), studiando gli accostamenti dei soggetti e il loro posizionamento all’interno dello spazio , senza tralasciare l’importanza degli abbinamenti di colore.
L’estremo realismo con cui venivano rappresentati gli oggetti arrivava fino al punto di raffigurare le imperfezioni dei singoli frutti, o la polvere sui vari elementi ritratti.
Tutto doveva contribuire affinchè il quadro generale risultasse ricco di vita, come se allungando una mano si avesse l’impressione di poter cogliere una mela da quel cesto di frutta appena dipinto.

natura morta di Caravaggio
Canestra di frutta di Caravaggio, foto tratta da Wikipedia

Allo stesso tempo però si diffuse un genere di natura morta chiamato Vanitas, di tipo allegorico.
Nel Vanitas si alludeva alla caducità della vita, tramite oggetti simbolici quali teschi, orologi, clessidre, fiori appassiti.
Tutti oggetti che richiamano il passare del tempo e il sopraggiungere – inesorabile per tutti – della morte.

ALLA RICERCA DI UNA NUOVA BELLEZZA

Credo che sia questo aspetto della vita che mi ha sempre affascinato, quando vagando per i boschi, mi sono spesso ritrovata a fotografare soggetti in visibile stato di declino , preferendoli a quelli più sani, perfetti, appena sbocciati al loro fianco.
Oggetti – questi ultimi – colorati e attraenti, che al culmine del loro fascino, pienezza e vivacità di sfumature, richiamano lo sguardo di tutti.
Ma non il mio.
Io cerco qualcos’altro.
Sono attratta da qualcos’altro.

C’è bellezza nella decadenza.
C’è bellezza nel modo in cui una foglia si contrae su stessa e lentamente svanisce per trasformarsi in uno scheletro di cui rimangono solo le venature.

foglia appassita in autunno, natura morta

C’è bellezza nel modo in cui i funghi iniziano a marcire e infine diventano un tutt’uno con la terra che li ha generati.

C’è bellezza nel modo in cui fiori e foglie lentamente e con grazia appassiscono chinando la loro delicata chioma verso il basso, consci e tristi del loro imminente destino.

C’è bellezza ovunque ci giriamo.
Possiamo trovarla nascosta nel più piccolo insignificante dettaglio.
Basta saperla cogliere e guardare con occhi nuovi il mondo.
Lontani dai preconcetti, lontani dai soliti canoni di bellezza.

La morte livella.
La morte ci rende tutti uguali.
Ci mette di fronte all’evidenza che non siamo altro che una piccola particella di polvere sul terzo pianeta del sistema solare.
Un pulviscolo microscopico in un macrocosmo infinito, nella cui economia la nostra morte non è più importante di quella di una foglia o di un fiore.
In un universo dove tutto ha la stesse direzione.

ragno morto, natura morta

Nasce, vive, appassisce e muore.
Anche l’universo stesso.

“Memento Mori”




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