L’acquedotto Leopoldino di Colognole

L’acquedotto Leopoldino è un tesoro che giace nascosto in tremendo stato di abbandono nei boschi delle dolci colline livornesi.
Ma il suo declino è sia condanna che fonte di estremo fascino per coloro che, come me, sono attratti dalla bellezza della decadenza.

E’ incredibile che ignorassi l’esistenza di un posto del genere situato a meno di un’ora da casa mia. E’ sempre stato lì, ad aspettarmi, fino a quel fatidico giorno in cui finalmente ho scoperto della sua esistenza
Quasi per caso.
Cercavo un luogo magico, qualcosa di simile all’Acquedotto del Nottolini di cui sono follemente innamorata, un posto dove poter dimenticare per un pomeriggio intero di essere nel XXI secolo.
Grazie Google immagini! Fonte eterna di ispirazione, senza di te non lo avrei mai scovato…

LA CAMPAGNA INTORNO A COLLESALVETTI

L’Acquedotto Leopoldino non è un posto facile da trovare, non ci sono indicazioni o cartelli che ci indirizzino verso la sua entrata segreta, un piccolo sentiero sterrato che si affaccia su una strada di collina poco trafficata.

acquedotto Leopoldino

Sapevo soltanto che era situato poco dopo il paesino di Colognole.
Dovete affidarvi un po’ al caso, un po’ alla fortuna, un po’ a google maps, e un po’ alla gentilezza delle persone che incontrate, ma soprattutto ad un mix di tutte queste cose.
E se vi perderete nella meravigliosa campagna toscana non sarà un dramma, le dolci colline vicino a Collesalvetti vi faranno credere di essere in Val d’Orcia, con gli antichi casali appollaiati sulle loro sommità, i filari di cipressi ben allineati che guidano lo sguardo, i campi di grano che brillano al sole, pettinati dalla brezza estiva.

SULL’ACQUEDOTTO LEOPOLDINO

Parcheggio l’auto sulla strada principale, c’è un piccolo viottolo che mi conduce attraverso un boschetto fitto e rigoglioso.
Il sole torrido brucia la mia pelle, non vedo l’ora di inoltrarmi tra i freschi rami che gettano ombra sul mio cammino.
La strada è in leggera pendenza, è piacevole passeggiare.
Non cammino a lungo quando la strada si allarga e si trasforma in uno spiazzo rotondeggiante, ed eccoli lì ad aspettarmi.
I miei tempietti, gli stessi di cui mi ero innamorata alle Parole d’oro.
Tre tempietti dell’acqua disposti a semicerchio seguono la circonferenza della radura, incastonati tra le dolci pendici di una collina.

Mi guardo intorno, aspettando di vedere, come all’acquedotto del Nottolini, una serie di arcate in stile romano che si allontanano a perdita d’occhio, ma presto mi accorgo che – nonostante le prime somiglianze e l’epoca di costruzione analoga – la struttura dell’acquedotto Leopoldino è completamente diversa.
Dallo spiazzo parte un camminamento stretto tra due argini in muratura che comincia a scendere pigramente, lo seguo.
Il camminamento è costituito da piccole lastre di pietra, sto camminando sull’acquedotto vero e proprio che scorre interrato sotto ai miei piedi.

acquedotto Leopoldino

Ma poi inaspettatamente il sentiero scompare.
Una ripida scalinata discendente si tuffa davanti a me.
L’acquedotto che fino ad adesso di scorreva tranquillo e pigro fa un brusco salto nel vuoto, e io per seguirlo devo scendere assieme a lui, cercando di non scivolare sui gradini malmessi ed erosi dal tempo.

acquedotto Leopoldino

Appena scendo i primi due scalini, gli occhi mi si riempono di lacrime.
Ho avuto la fortuna di vedere posti bellissimi, ma non so descrivere il sentimento che mi ha sopraffatto in quel momento.
La scalinata si inabissava ripidissima davanti a me, e ai suoi piedi si stagliava un tempio circolare con il tetto a cono, tutto intorno alberi rigogliosi a fare da cornice.
La luce che filtrava tra le fronde, i colori, il rumore del’acqua che scorreva, la sorpresa di una scena che non mi aspettavo di vedere, mi sono sentita soggiogata dalla bellezza ultraterrena di questo posto.

E mentre scattavo, vedevo l’immagine crearsi attraverso le mie lenti magiche, con sfumature, bolle e distorsioni che rendevano la scena ancora più fantastica e surreale, e questo faceva crescere ancora di più l’emozione.
C’è un che di metafisico nel poter fermare momenti del genere e poterli ri-vedere ogni volta che si vuole.
Ma so che – nonostante ogni volta che vedo questa foto la mia mente venga riportata a quel magico momento – non posso sperare che la stessa foto abbia un effetto ugualmente potente su di voi.

acquedotto Leopoldino

E’ stato in quel momento che ho capito che questo viaggio sarebbe stato molto diverso dal precedente.
Che se al Nottolini avevo camminato a fianco dell’acquedotto, questa volta avrei camminato sopra l’acquedotto per tutto il percorso, con quello che ne sarebbe derivato, discese, salite, scalinate, dislivelli, vertigini, emozioni.
Sarebbe stata un’avventura piuttosto movimentata.
Ma io ero pronta, mi sentivo un po’ Lara Croft.
Magari la versione grassa e rintronata…

UN BELVEDERE SULL’ACQUEDOTTO

Le scale abbracciano il tempietto da entrambi i lati e mi accompagnano su un enorme belvedere da dove ho una visuale a 180° sul cuore pulsante dell’acquedotto Leopoldino, una conca naturale tra le colline, dove il canale sotterraneo si tuffa con una pendenza a 45 gradi dentro ad un tempietto rotondeggiante situato qualche metro più sotto, varie costruzioni accessorie sono posizionate più in basso, è possibile scendere ed esplorare il terreno circostante, in un gioco intricato di scale e discese sul fianco della collina.
Più sotto posso udire un torrente scorrere e creare una piccola cascata.

acquedotto Leopoldino
acquedotto Leopoldino

VERSO SINISTRA

Dalla terrazza partono due itinerari possibili, scelgo quello sulla sinistra.
L’acquedotto riparte sotto ai miei piedi, lo seguo, non posso perdermi, è l’unica strada che attraversa il bosco.
Osservo il camminamento lastricato che si perde tra la vegetazione, tra pozzi di luce e zone d’ombra, tra raggi di sole che filtrano tra le fronde e colpiscono il mio obiettivo e rendono l’atmosfera fiabesca, sembra di essere in sogno, tale è la bellezza di questo luogo selvaggio e allo stesso tempo antico.

acquedotto leopoldino

UN PORTALE VERSO UN ALTRO MONDO

In lontananza, come un miraggio, vedo delle scale che salgono verso l’alto.
“Che strano” penso.
Non c’è niente dietro di esse.
Non una costruzione, non un’edificio.

Sembrano non portare verso luogo alcuno, se non forse verso un mondo parallelo, distante ma vicino.
Come se una volta arrivati in cima ci attendesse un portale invisibile verso un’altra dimensione, e bastasse varcarlo per passare dall’altra parte.

acquedotto Leopoldino

L’immagine è surreale.
L’impressione di trovarsi tra le rovine di una città perduta reclamata dalla vegetazione è fortissima.
Vestigia di una vecchia civiltà ormai estinta ma che combatte strenuamente per ricordarci del suo breve passaggio in questo mondo.
Avevo avuto la stessa impressione quando ero alle Parole d’oro, ma qui, se possibile, è mille volte più forte.

acquedotto Leopoldino

Mi avvicino, le scale sono alte circa 3 metri, le salgo con attenzione perchè sono strette, avvallate da milioni di passi e non c’è alcuna balaustra sui lati.
Inciampare o perdere l’equilibrio non sarebbe una bella avventura.
Giungo in cima, il camminamento continua indisturbato.
Sto davvero camminando su un cavolo di acquedotto sospeso?
Ne sono certa, perchè posso ancora sentire l’acqua scorrere sotto i miei piedi.
Se non sono finita in un mondo parallelo poco ci manca.
Non è decisamente un’esperienza che capita tutti i giorni.

acquedotto Leopoldino

Mi fermo per osservare il paesaggio e i dintorni, mi accorgo che l’acquedotto ha la forma di un ponte ad arcata singola.
Sotto di me scorre un piccolo torrente, le ripide scale che mi hanno fatto salire hanno una rampa gemella dall’altro lato che permette di scendere a livello dell’acqua e curiosare sulle rive del fiumiciattolo, che però si rivela in secca e di scarso interesse.

L’acquedotto Leopoldino continua ad snodarsi tra gli alberi, dopo qualche metro di camminata nel vuoto torniamo finalmente a livello del terreno, accompagnando la pendenza della collina.

acquedotto leopoldino

IL MONDO E’ FATTO A SCALE…

E poi di nuovo scale all’orizzonte, ma questa volta non è una rampa, sono due!
Salgo, sono in piano, e poi salgo di nuovo.
Non so a che altezza sono, ma sono abbastanza in alto da temere una caduta.
Guardare di sotto fa girare la testa, non è una passeggiata per chi soffre di vertigini.

Un posto di tale rara bellezza non è facile da trovare, non è una vista che si ha la fortuna di scrutare tutti i giorni.
Spesso durante le peregrinazioni nella mia terra, mi chiedo quanto veramente conosciamo la bellezza del nostro territorio.
Molte persone sono attratte da mete lontane ed esotiche, ma ignorano che posti altrettanto belli giacciano nascosti e dimenticati a pochi metri da casa loro.
Non occorre andare lontano per scoprire meraviglie.
E’ invece facile meravigliarsi delle piccole cose se le si guarda con gli occhi pieni di stupore di un bambino.

Proseguo zigzagando tra gli alberi assieme all’acquedotto.
Di nuovo scale, alte, basse, sgombre di vegetazione o semi-celate tra gli alberi.

Salgo di nuovo e mi trovo a camminare su tre arcate in stile romano.
Un acquedotto in miniatura attraversa di nascosto questi boschi fatati.

acquedotto Leopoldino

VERSO LA FINE DELL’ACQUEDOTTO

Infine il terreno si fa bagnato, la vegetazione mi si chiude attorno e sembra non volermi più far passare.
Mi faccio strada a fatica, cercando di non scivolare.
Mi ritrovo in uno spiazzo, circondato da alte mura grige innalzate dall’uomo.
Delle porte si aprono su di esse, alcuni chiuse e impenetrabili, da esse provengono rumori di macchinari – l’acquedotto è ancora in parte funzionante – altre in rovina, una di esse si apre su una scala che porta ad un livello superiore.

Provo a salire, è buio.
Nonostante fuori sia giorno e piena estate, dentro al vano scale scavato nella roccia è notte e fa freddo.
Ombre danzano sui muri.

acquedotto Leopoldino

Sbuco al piano di sopra nel caldo afoso, su una terrazza da cui posso godere della vista sul bosco e sulla muraglia sottostante.
Capisco di essere al capolinea, e anche se un esile sentiero molto scosceso sale su per la collina, la visita dell’acquedotto Leopoldino è terminata.

acquedotto Leopoldino


Un piccolo consiglio: se decidete di seguire il faticosissimo sentiero e non siete molto allentati sappiate che il giorno dopo vi faranno male muscoli che ignoravate totalmente di avere.
Già da solo l’acquedotto Leopoldino è una sessione di step bella strong.

Non mi resta che tornare indietro, senza indugi, è impossibile perdersi quando la strada ti scorre sicura sotto i piedi.
Le scale al ritorno sono un brivido indimenticabile.
Un conto è salire senza ringhiere ma con il vuoto alle spalle, che tu non puoi vedere, è in qualche strano modo rassicurante.
“Occhio non vede, cuore non sente…” dice il detto. E ha fottutamente ragione.
Tutta un’altra storia è invece scendere e vedere il vuoto davanti e non avere nessun punto dove appoggiarti.
Gli alberi ci vengono in aiuto, ci si chiudono attorno, come a volerci tendere la mano, in caso di bisogno.

VERSO DESTRA

Torno al belvedere e imbocco l’altra via, non voglio dimenticare di esplorare tutto quello che c’è da vedere.

L’acquedotto scende, con una nuova ripida scala priva di balaustra, i gradini sono sconnessi, in certi punti mancano totalmente, bisogna scenderne due a due.
Sulla sinistra un bello strapiombo che dà sul torrente.
Ogni tanto mi fermo a pensare “Ma chi me l’ha fatto fare?” ma poi mi guardo intorno e quello che vedo mi ripaga della stanchezza, della fatica e del dolore che domani sentirò ai muscoli del culo.
Scendo di qualche metro, mi volto e la vista che mi trovo davanti è fantastica.
Una cascata sulla destra si riversa dentro al torrente che a tratti scorreva parallelo all’acquedotto, apparendo e scomparendo per tutto il viaggio.
Sulla sinistra l’imponente e ripida scalinata porta al tempietto circolare.
Tutto incorniciato da fitta vegetazione che dona al luogo un aspetto selvaggio e trascurato, ma che è parte integrante del suo fascino.

acquedotto Leopoldino
acquedotto Leopoldino

Proseguo per qualche metro, ma tra lastre sconnesse e mancanti, piccole zone di sentiero franate e la vegetazione che si è completamente impadronita del sottile camminamento sospeso nel vuoto non è possibile continuare in sicurezza.

RESILIENZA

Torno tristemente alla macchina, con la consapevolezza di non aver potuto vedere tutto quello che potevo vedere.

acquedotto Leopoldino

Torno alla macchina con il rassicurante pensiero che questo luogo magico, nonostante l’abbandono, nonostante la decadenza, resiste strenuamente da più di 200 anni e resisterà ancora per molti anni a venire, forse sempre più malconcio, forse sempre più difficile da raggiungere e percorrere, forse sempre più integrato con la natura e l’ambiente che lo circonda, in un unico enorme organismo simbiotico.
Ma di una cosa sono certa, che sarà a lì ad aspettarmi anche la prossima volta che avrò voglia di fargli visita.
Un posto magico dove le farfalle ti sono amiche, ti si posano sul dito e ti danno la zampetta, un posto magico dove le libellule sono oscure, un po’ come la tua anima.

acquedotto Leopoldino

E finalmente – forse direte – una foto a colori, ma era impossibile rendere l’unicità di questo esserino in bianco e nero…

acquedotto Leopoldino

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